Il business dei rifiuti elettronici

20 Febbraio 2017 • Rifiuti, Sostenibilità 1157 • di

Il vecchio cellulare della Nokia che chiamava e poco più. La televisione dimensione scatolone che usavamo 10 anni fa. E poi frigoriferi, lavatrici e schermi di pc andati a male. In due parole: spazzatura elettronica. Ognuno di noi, secondo l’ultimo rapporto pubblicato a gennaio del Comitato di vigilanza sui rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche in Italia (Raee), ne ha prodotto in media 4,7 chilogrammi. Solo nel 2016. In tutto fanno 283.089 tonnellate: per farsi un’idea è una fila di 6.400 tir stracolmi di spazzatura. Ma è una cifra al ribasso. Il comitato di vigilanza e di controllo del Ministero dell’Ambiente stima che più di sei elettrodomestici su dieci non siano smaltiti correttamente.
Il nostro sistema consumista ci fa produrre scarti. Tra questi gli elettrodomestici, che quando sono da buttare diventano Raee, ovvero Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, sono da smaltire in maniera adeguata perché contengono metalli e altri sostanze pericolose per l’ambiente e la salute. Infatti noi consumatori paghiamo una quota al momento dell’acquisto, il cosiddetto eco contributo, che serve a coprire i costi del corretto smaltimento. Nel 2016 il riciclo di apparecchiature elettriche ed elettroniche nel nostro Paese è cresciuto del 14% rispetto al 2015. Una cifra che però non tiene conto dello smaltimento illegale: in Italia viene trattato correttamente solo il 35 per cento di tutti gli elettrodomestici immessi sul mercato. Un’analisi finanziata dall’Unione europea ha calcolato che la perdita dell’industria legale dello smaltimento sia tra gli 800 e l’1,7 miliardi di euro all’anno. Ma dove vanno a finire questi rifiuti?
Discariche abusive, siti illegali e poi il grande business del traffico all’estero. Ed è soprattutto tutta l’Africa che rischia di diventare la pattumiera dell’Europa. Ad Accra, capitale del Ghana, almeno 70mila persone, la metà dei quali minori, lavorano questi rifiuti, spaccandoli con le mani e senza alcuna protezione per tirarne fuori quello che ancora si può rivendere: ferro, alluminio, ferro e oro. Per farlo non guadagnano più di un dollaro al giorno. Finisce anche così il triste ciclo della nostra spazzatura elettronica.

(fonte: La Stampa)

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