Un’italiana ad Harvard: con la matematica salva l’ambiente

29 Novembre 2016 • Sostenibilità 894 • di

Negli Stati Uniti l’hanno ribattezzata «numerical detective» per la sua capacità di integrare enormi quantità di dati molto diversi e scovare così gli inquinanti che danneggiano la nostra salute. Il suo metodo innovativo ha cambiato l’analisi statistica in medicina. Francesca Dominici nel 2015 è stata inserita da Thomson Reuters tra l’1% dei ricercatori più citati nella sua disciplina in tutto il mondo. In Italia, però, è un altro nome della diaspora scientifica: insegna biostatistica all’Università di Harvard, in Massachusetts, dove è anche preside associata del Dipartimento di Sanità Pubblica. «Sono arrivata negli Stati Uniti ventuno anni fa, alla Duke, con una borsa di studio dell’Università di Padova, dove facevo il dottorato: dovevo stare tre mesi e non sapevo una parola di inglese, perché avevo studiato francese — racconta —. Mi iscrissi ai corsi più teorici: i numeri li capivo. E chiesi di rimanere altri sei mesi, c’erano i maggiori esperti mondiali di statistica applicata. Ero poverissima, avevo una borsa da 800 mila lire al mese e l’affitto costava 450 dollari». Scoprì anche che tornare in Italia non aveva senso: «La prospettive di ricerca erano deprimenti, mentre per gli americani la mia tesi era interessante: mi offrirono subito un lavoro alla Johns Hopkins». Per convincerla a restare nel 1999 chiamarono anche quello che allora era il suo compagno (oltre che un collega) e ora suo marito, Giovanni Parmigiani.

«Negli ultimi dieci anni siamo riusciti a dimostrare che i livelli massimi di inquinanti atmosferici stabiliti dall’Agenzia per la protezione ambientale statunitense non erano innocui come si pensava. E quindi sono stati ridotti, in particolare per le polveri ultra sottili, le pm 2,5». Tra le sue scoperte c’è che alti livelli di queste polveri aumentano del 6,8% il rischio di ricoveri per disturbi cardiovascolari, e che un eccesso di ozono (un componente dello smog) lo fa del 4,2%. Lo stesso effetto del fumo passivo.

Il suo studio più rivoluzionario ha una “radice” italiana: «Ci siamo fatti dare dalla Federal Aviation Administration i livelli di rumore per i 95 aereoporti maggiori degli Stati Uniti, poi li abbiamo collegati con quelli ospedalieri — dice —. I risultati mostrano che chi vive vicino a grandi aeroporti ha un rischio più alto di ricoveri per malattie cardiovascolari» (del 3,5% in più ogni dieci decibel di aumento, per la precisione). L’idea di occuparsi del rumore degli aerei non è casuale: Dominici è cresciuta a Ciampino. «Quando ero piccola era normale interrompere una telefonata perché passava l’aereo». È uno dei motivi per cui ama la biostatistica: «Usa la matematica per risolvere problemi concreti e reali: cambia il modo in cui viviamo».

(fonte: Corriere della Sera)

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