L’indagine “Beach litter” di Legambiente si concentra sulla salute del nostro mare e delle nostre spiagge

27 Maggio 2015 • Rifiuti, Sostenibilità 1043 • di

“La nostra indagine quest’anno guarda molto di più al Mediterraneo e dimostra che il problema dei rifiuti spiaggiati è una questione comune da affrontare al più presto”, spiega Rossella Muroni, direttrice generale di Legambiente. E la soluzione passa attraverso “uno sforzo congiunto che coinvolga tutti i soggetti e i territori interessati e programmi concreti per risolvere il problema dei rifiuti in mare e sulle coste”. Il monitoraggio sui rifiuti spiaggiati, commenta Serena Carpentieri, responsabile campagne di Legambiente “doveva essere svolto già dal 2015 e sarebbero dovuti essere pubblicati i risultati da parte delle autorità competenti. Ma ancora oggi non ci sono dati disponibili e accessibili”. E la critica ai ritardi è netta: “Troviamo assurdo che la stragrande maggioranza dei rifiuti deriva da un abbandono consapevole in loco (cicche, bottigliette e tappi ad esempio), testimoniando la totale indifferenza verso i notevoli impatti che questo comportamento ha sull’ambiente costiero e marino”.

Tra i tanti rifiuti trovati ci sono poi quelli legati alle attività produttive e industriali. Ad esempio nella spiaggia di Eboli presso l’Area protetta dunale di Legambiente, il 25% dei rifiuti trovati è costituito da resti plastici formati in prevalenza da seminiere in polistirolo espanso, provenienti dalle produzioni agricole della zona. A Trieste, invece, in un transetto della spiaggia di Canovella dè Zoppoli, il 44% dei rifiuti rinvenuti sono reti per mitili, non a caso proprio di fronte alla spiaggia ci sono i filari di allevamenti di cozze.

Infine Legambiente ricorda i danni provocati dai rifiuti spiaggiati che fanno male all’ambiente e alla fauna, all’economia e al turismo. Tartarughe marine, uccelli e mammiferi marini possono restare intrappolati nelle reti da pesca e negli attrezzi di cattura professionale oppure morire per soffocamento dovuto all’ingestione accidentale di rifiuti (in particolare buste di plastica) scambiati per cibo. Secondo diversi studi, nel Mediterraneo occidentale, l’ingestione di rifiuti causa la morte nel 79,6% delle tartarughe marine e dell’intero ecosistema marino. Inoltre, le microplastiche ingerite dagli organismi acquatici, sono la causa principale dell’introduzione di plastiche nel biota (l’insieme della vita animale e vegetale) e, quindi, del disequilibrio della catena alimentare.

fonte: La Repubblica

Commenti chiusi.