Da lunedì 30 la capitale francese ospita la XXI Conferenza mondiale sul clima (Cop21). L’ evento, confermato a tutti i costi dal presidente Francois Hollande nonostante i rischi sicurezza (perché “è la migliore risposta al terrorismo”), vedrà la presenza di 150 fra capi di Stato e di Governo sin dall’avvio del vertice, quasi a rimarcare un differenza sostanziale con la precedente Cop del 2009 a Copenaghen, quando intervennero alla fine dei negoziati di un vertice considerato da molti non troppo efficace.
L’obiettivo di questo vertice è quello di raggiungere per la prima volta un accordo giuridicamente vincolante per ridurre le emissioni di gas serra e contenere entro 1,5 gradi centigradi rispetto all’era preindustriale il riscaldamento globale. Un fallimento non è permesso. In gioco, è ormai convincimento quasi unanime, è la sorte del Pianeta e dell’umanità. Sembrano parole esagerate ma gli eventi climatici estremi con conseguenti disastri lo stanno dimostrando. E’ una sfida senza precedenti mettere d’accordo i grandi inquinatori (Cina, Usa, India, Giappone anche se l’Indonesia potrebbe scavalcare alcune posizioni a causa dei gas emessi dagli incendi delle foreste) per salvare anche i Paesi più poveri, molto spesso vittime delle conseguenze dei cambiamenti climatici, soprattutto tifoni e inondazioni che colpiscono in particolare l’Asia. Queste le condizioni necessarie affinché il vertice abbia successo: fissare a 1,5-2 gradi massimo l’aumento medio delle temperature entro la fine del secolo con la riduzione dal 40% al 70% delle emissioni entro il 2050, con una clausola che permetta di valutare e rivedere gli impegni ogni 5 anni; siglare un accordo globale ‘giuridicamente vincolante’; raccolta di 100 miliardi di dollari l’anno da parte dei Paesi sviluppati (provenienti da fonti pubbliche e private) per finanziare dal 2020 i Paesi più poveri per la riduzione della CO2 e l’adattamento ai cambiamenti climatici favorendo le rinnovabili. Gli scienziati hanno argomentato con migliaia di studi che la causa della ‘febbre del Pianeta’ è l’uomo e che solo lui può intervenire ma ha ancora poco tempo a disposizione per evitare un’apocalisse. Certo non imminente ma neanche troppo lontana, nello scenario peggiore tracciato dagli scienziati che, su mandato dell’Onu, studiano i cambiamenti climatici (Ipcc). Ghiacciai che collassano, mari che si alzano e sommergono piccole isole e città costiere, migrazioni di popolazioni, siccità, mancanza di raccolti e acqua potabile, carestie, se il riscaldamento globale accelera. A Le Bourget sono previsti 40.000 partecipanti tra delegazioni degli Stati, ambientaliste, di imprese, Ong. Per salvare il Pianeta è l’ultima chiamata. (fonte ANSA)
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